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Ci siamo cascati un po’ tutti: trovarsi davanti a un bel piatto e non resistere alla tentazione di fotografarlo e postarlo…. Il fenomeno del Food Porn

Ci sono varie teorie che tentano di spiegare per quale motivo oggi piaccia tanto condividere sui social le foto del cibo in tavola.

Ci sono varie teorie che tentano di spiegare per quale motivo oggi piaccia tanto condividere sui social le foto del cibo in tavola. Nella maggior parte dei casi si tratta solo di documentare momenti di vita quotidiana, tra i quali quello dei pasti, sempre importante a dispetto dei tempi e delle mode, perché mangiare rimane una delle più diffuse attività sociali, e le foto dei piatti si presentano un po’ come un’estensione naturale di questo fenomeno nell’epoca digitale. Alcuni amano fare foto ispirate alla “food art”, altri ritengono che il cibo sia diventato uno status symbol  e che esibire una foto scattata in un ristorante “a cinque stelle” (ovviamente carissimo e ricercatissimo), li faccia salire di un gradino nella gerarchia dei social media.

Quali ne siano le motivazioni, in America stiamo già parlando di condivisione quotidiana di circa 50 milioni di foto di cibi al giorno, una pratica innocua anche se un tantino ossessiva. Ma alcuni chef famosi e molto creativi  hanno dichiarato guerra allo scatto selvaggio e successivo lancio in rete dei loro capolavori culinari.  Il francese Gilles Goujon ha infatti dato il via alle polemiche, asserendo che “foodgrafare” ai suoi tavoli è non solo segno di maleducazione – e qui dovremmo aprire un altro capitolo sull’uso dello smartphone al ristorante – ma è equiparabile a furto di proprietà intellettuale.  Gli ha fatto poi eco un altro collega d’Oltralpe, che sul menu ha espressamente indicato il divieto di fotografare i manicaretti presentati, ed un altro ancora che ha risolto il problema rivestendo di metallo le pareti del ristorante in modo da rendere impossibile qualsiasi azione online.  L’appello alla proprietà intellettuale rimane comunque piuttosto discutibile, visto che stiamo parlando di un “prodotto” (la creazione dello chef) che non è protetto da diritti d’autore, e che il copyright, semmai, lo deterrebbe l’autore della foto.

E poi alti chef e ristoratori ammettono che  il “food porn” , quando si tratta di uno scatto fedele ad un piatto ben presentato, è tutta pubblicità gratuita fondata sul word of mouth online; dall’immagine, poi, è possibile gustare solo con l’immaginazione il sapore che potrà avere – ma difficilmente il piatto potrà essere fedelmente copiato da un cuoco concorrente.

A meno che… immagini (disegnate) e cucina non si incontrino, come nel recente libro In cucina con Alain Passard, un fumetto insolitamente appassionante e decisamente goloso dell’autore Christophe Blain. Blain ha seguito lo chef Alain Passard, che con il suo ristorante parigino L’Arpège è detentore di ben tre stelle Michelin, per oltre un anno, apprendendone la filosofia, la personalità, i segreti.

Preview: http://issuu.com/baopublishing/docs/preview_in_cucina_con_alain_passard