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Il termine “packaging” sottende un mondo articolato e complesso che non è più quello del semplice “contenitore” di un prodotto; per questa ragione sono molteplici e articolati gli strumenti di ricerca utili ad indagarlo.

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Avendo abbandonato da tempo la mera funzione originaria di protezione e conservazione del prodotto, il pack oggi si configura come strumento primario di veicolazione dell’immagine aziendale. Pensiamo a quanti brand per esempio non fanno pubblicità nel senso classico del termine (né alla radio, né alla televisione, né tramite affissioni) ma hanno comunque necessità di “comunicare” con il consumatore, attirando la sua attenzione nel punto vendita e stimolando il suo desiderio di acquisto.
In questo contesto il pack diventa un elemento cruciale per la buona riuscita di un prodotto, deve essere efficace nel comunicare un posizionamento preciso, trasmettendo un’immagine positiva e qualificata del prodotto stesso (in termini di valenze sensoriali e di utilizzo) e della marca (notorietà e identità di brand).

I pack test sono ricerche che studiano e analizzano sia gli aspetti “fisici” della confezione –  tipo di materiale, funzionalità di erogazione del prodotto, forma, dimensione, immagini, colori, disegni –  che le componenti di tipo “emozionale” ovvero i codici espressivi sottesi (all’oggetto fisico in sé), la loro capacità di dare distintività al prodotto, di trasferire appartenenza alla categoria merceologica di riferimento, la coerenza con l’immagine di marca.

Dal punto di vista metodologico i pack test posso essere condotti sia con tecniche qualitative che quantitative, in entrambi i casi lo scopo è quello di rilevare la reazione del consumatore posto di fronte a questo stimolo (o a più di uno) sia in termini complessivi che analitici (per esempio il tipo di contenitore, i colori o i disegni, ecc..). Spesso le indagini sul pack sono studi articolati che tengono conto del duplice approccio. In alcuni casi è utile affiancare un’indagine desk condotta con metodologia semiotica: ovvero analizzare la struttura segnica delle confezioni (intese come messaggi), emergente dalle scelte grafico-cromatiche, per arrivare a definire l’insieme di significati complessivamente messi in atto, in quanto portatori dell’identità di prodotto/marca.

Vediamo un esempio concreto di applicazione di due differenti metodi tra loro complementari:

LO SCENARIO E GLI OBIETTIVI

Il mercato dei prodotti lattiero-caseari è una realtà complessa e articolata in cui anche un pack distintivo in grado di comunicare chiaramente le valenze sensoriali del prodotto, la sua versatilità di utilizzo e il posizionamento del brand, diventa un fattore estremamente importante per affermare la propria notorietà e “identità” .
A questo proposito, un’importante azienda che opera in questo settore ha inteso effettuare un restyling dell’attuale confezione proponendo 2 nuove alternative di pack al fine di individuare quella con maggiore potenziale, capace, cioè, di valorizzare al meglio il tipo di prodotto,  contribuendo anche a veicolare la migliore immagine del brand.

IL METODO

Lo studio ha previsto un doppio approccio di ricerca:
1-Analisi semiotica (desk) dei pack in esame, al fine di individuare: i codici comunicativi utilizzati, i livelli e i contenuti della comunicazione (di prodotto e/o di brand) e gli eventuali punti critici su cui intervenire;
2-Pack test online (CAWI) con Prova di simulazione d’acquisto a scaffale (mediante presentazione di uno scaffale simulato con i principali brand del segmento) e valutazione singola delle 3 proposte di confezione dell’azienda committente: le 2 nuove versioni + l’attuale come benchmark di riferimento.
Il campione era costituito da 600 individui consumatori del tipo di prodotto (di cui il 50% acquirenti negli ultimi 3 mesi del brand), tra i 25 e i 65 anni; femmine 85% e maschi 15%, tutti residenti in Italia.

I RISULTATI

Dall’analisi semiotica emerge come la nuova proposta A appaia più semplice ed immediata.
Viene abbandonata la sfumatura colorata dello sfondo, guadagnando in senso di freschezza, pulizia, purezza e genuinità, senza ombra di artificialità. Possiede una centralità del nome più chiara;  i colori virano dal rosso al blu abbracciando i benefit di questa tinta; si conferisce classicità ed istituzionalità alla ‘referenza d’origine’. La forma più delineata dell’area-logo trasmette più equilibrio, organicità e regolarità.
L’impaginazione appare ben organizzata; i segni sono equilibrati, senza intrusioni tra aree; cosa che non accade nella nuova proposta B.

Dai risultati del test quantitativo emerge come entrambe le nuove proposte siano più apprezzate della confezione attuale ma nei confronti della proposta A il gap è significativo sia in termini di gradimento che di coerenza con il brand. Le immagini riportate su questa confezione sono significativamente più gradite sia della confezione attuale che della proposta B, anche presso gli user del brand.
In termini di immagine percepita, la proposta A è più chiara nel comunicare la tipologia di prodotto; nei confronti della proposta B dà anche un’idea di maggiore naturalità del prodotto.
Il tipo di confezione non sembra, tuttavia, influire sul giudizio di gradimento della marca; i valori medi sono infatti allineati tra le tre proposte.
La preferenza finale conferma i dati di gradimento collocando al primo posto la proposta A con un distacco sensibile dal punto di vista statistico.

I dati di simulazione d’acquisto a scaffale indicano (sul totale atti di acquisto) una scelta più frequente per la proposta A.

La ricerca nel suo complesso ha fornito indicazioni confortanti nella direzione di un cambiamento dell’attuale pack con la proposta A, la quale, da un lato,  sembra garantire quell’identità e posizionamento che il brand ha conquistato in questi anni, dall’altro conferisce maggiore originalità e chiarezza dei codici comunicativi, in modo da rendere distinguibili e più chiaramente identificabili i prodotti.

*Ricercatore in Adacta