Pensi che a qualcun altro potrebbe interessare questo articolo? Aiutaci a condividerlo:

Le aziende produttrici di prodotti alimentari, ma anche di prodotti per la pulizia della casa e di articoli per la cura e l’igiene personale, si trovano spesso a dover affrontare il tema se condurre un product test o un’analisi sensoriale oggettiva o entrambe.

Queste brevi note vogliono cercare di fare chiarezza su questi due approcci di ricerca e di stimolare delle riflessioni da parte del lettore utili a raccogliere le proprie idee e a consentirgli di orientare le proprie scelte in modo consapevole ed autonomo.

Partiamo dai test di prodotto col consumatore. Il Product Testing è una tipologia di ricerche che riveste da sempre una grande importanza nel lavoro quotidiano del Marketing e della Ricerca e Sviluppo delle aziende, coinvolgendo anche una rilevante massa di investimenti. La dinamica degli ultimi anni dimostra che questa tipologia resta una delle più importanti e le ragioni si possono identificare in:

  • Mercati sempre più affollati di prodotti e concorrenti;
  • Difficoltà a presidiare nel tempo posizionamenti in grado di mantenere delle USP di prodotto distintive e facilmente percepibili dai consumatori;
  • Attenzione alla qualità a tutto tondo che il consumatore ricerca e pretende;
  • Focus sull’ingredientistica e sui costi di prodotto, che generano verifiche su ricette e formulazioni alternative;
  • Necessità di sviluppare innovazione, per accontentare richieste sempre più “custom” da parte dei consumatori;
  • Importanza di sviluppare prodotti che siano commercializzabili a livello internazionale.

Il test di prodotto col consumatore serve per comprendere il livello di gradimento che questo è in grado di raggiungere presso un certo target di riferimento; ma non solo. Il gradimento è infatti influenzato dalle preferenze di gusto/di profumo dei consumatori, dalla loro sensibilità a percepire questi aspetti del prodotto, dalle loro abitudini di consumo, dallo stato d’animo che può accompagnarne il consumo, dall’indole della persona, … insomma da una serie di fattori soggettivi, ascrivibili perciò ad ogni singolo individuo che partecipa al test.

Ma c’è di più; oggi possiamo anche cercare di individuare altri elementi percettivi che caratterizzano un determinato prodotto, e ascrivibili ai 5 sensi che ci permettono di raccogliere una precisa mappatura organolettica della performance del prodotto. Tuttavia, la capacità espressiva dei consumatori resterà sempre basica, essenziale e spesso di difficile esplicazione ed articolazione. La loro scelta inoltre resterà inevitabilmente una scelta edonica, cioè connessa alla capacità che ha il prodotto di suscitare in loro del piacere nell’atto di consumo.

Ovviamente, molto dipende dalla categoria di prodotto; prodotti più funzionali difficilmente riusciranno a suscitare coinvolgimento emotivo nell’atto di consumo (c’è poca emotività nell’eseguire un carico di lavaggio in lavatrice; ma ce n’è molta di più nel momento di osservarne il risultato: il bucato è risultato immacolato, le macchie sono andate via, il tutto ha un buon profumo di fresco e pulito), mentre prodotti più emotivamente coinvolgenti sono in grado di aumentare l’esperienza sensoriale (si pensi al consumo di un cioccolatino, alla ritualità della sua apertura, alle fasi che precedono l’assaggio, al mood del momento di consumo, all’ambientazione, ecc.). Quando si eseguono dei test di prodotto, anche le condizioni a contorno della prova dovrebbero essere perciò rigorosamente tenute sotto controllo; sono fattori facenti parte essi stessi del set-up del test.

Ecco spiegato perché la conduzione di un test di prodotto è un esercizio complesso, articolato, difficile da analizzare, in quanto molte variabili soggettive entrano in gioco e possono indirizzare il risultato in una direzione o in un’altra.

Andando perciò alla ricerca dell’oggettività, molti ricercatori hanno cercato di bypassare il grande ostacolo della soggettività dei consumatori, cercando risposte oggettive riguardanti le caratteristiche di un prodotto. E qui subentra l’analisi sensoriale. Idealmente la risposta a questa ricerca di oggettività sarebbe quella di una “macchina” in grado di misurare concretamente i fattori che caratterizzano un prodotto, anzi meglio ancora, la sua performance organolettica. Ma questa macchina -nonostante i grandi sviluppi tecnologici degli ultimi 50 anni- ancora non esiste e quindi dobbiamo ricorrere agli esseri umani, che sono gli unici a saper valutare queste caratteristiche.

E’ quindi il ricorso all’analisi sensoriale, una disciplina scientifica in grado di individuare, misurare, analizzare ed interpretare tutte le principali caratteristiche di un prodotto percepite attraverso i nostri 5 sensi (la vista, l’olfatto, il gusto, il tatto, l’udito) e attraverso i principi del disegno sperimentale e dell’analisi statistica, che vengono fornite le risposte che ci serviranno a valutare oggettivamente il prodotto nelle sue principali caratteristiche sensoriali.

Grazie ad un approccio di tipo scientifico, l’analisi sensoriale consente di ottenere una valutazione oggettiva delle caratteristiche sensoriali di un dato prodotto e di risalire perciò ai driver che ne definiscono la preferenza dei consumatori. Infatti, le caratteristiche sensoriali sono uno degli elementi più importanti che influenzano l’accettabilità di un determinato prodotto.

L’analisi sensoriale è perciò condotta per mezzo di “giudici” appartenenti ad un panel, che vengono selezionati per la loro specifica predisposizione naturale e fisiologica, vengono appositamente formati e lavorano individualmente, anche se facenti parte di un gruppo specifico di panelisti. Il giudice sensoriale è appositamente formato, utilizzando dei protocolli (internazionali), a descrivere la sua esperienza sensoriale per mezzo di parole e locuzioni che servono a delineare il profilo sensoriale del prodotto. Queste parole non sono le stesse che utilizzano i consumatori, ma vengono derivate in parte dal linguaggio tecnico (utilizzato dal personale di R&D) ed in parte dal linguaggio scientifico. Le materie di formazione possono affondare le loro radici nella psicofisiologia della percezione, nei criteri di classificazione dei vari gusti, nella classificazione delle erbe, ecc.

Il giudice sensoriale assomiglia ad uno strumento di misurazione, e come tale prima di essere messo all’opera deve essere tarato e sintonizzato sull’obiettivo della sua valutazione sensoriale. Soltanto dopo questa operazione, il panel dei giudici sensoriali può mettersi al lavoro, seguendo i rigidi protocolli di valutazione dei parametri sensoriali.

Occorrerà infine definire la metodologia più opportuna da adottare per raggiungere gli obiettivi di ricerca: se si vuole ottenere un semplice profilo sensoriale descrittivo di un certo prodotto, oppure se si vuole ottenere un’analisi sensoriale comparativa, tra due o più prodotti, oppure ancora se si vuole attivare un’analisi temporale di dominanza (per comprendere ad esempio la prevalenza di un sapore rispetto agli altri nel corso dell’intervallo di tempo necessario all’assaggio del prodotto).

Da questo excursus appare evidente al lettore che tra test di prodotto con i consumatori e analisi sensoriali in realtà non esiste alcun conflitto, ma semplicemente complementarietà. L’uno non esclude l’altro, ma anzi la loro convivenza arricchisce l’informazione in possesso del committente della ricerca, favorendo l’interpretazione del perché i consumatori rispondano in determinati modi: il panel sensoriale misura ciò che il consumatore apprezza!