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Lo scaffale del supermercato propone un’ampia scelta di mozzarelle: marchi leader, primi prezzi, marchi d’insegna. Ma sono davvero così diverse queste mozzarelle? Quali le preferite? La marca, il pack influenzano la percezione sensoriale del consumatore?

Da pochi giorni si è concluso lo studio OVERVIEW 2014 sulla mozzarella in busta (125g) e, fra i risultati, non mancano le sorprese.

 

LO SCENARIO

La ricerca OVERVIEW svolta sulla mozzarella (125g) ha restituito un quadro completo e molto articolato dell’offerta che oggi le Aziende e le Private Label propongono al consumatore.  La ricerca ha posto un’attenzione particolare agli aspetti sensoriali e alle altre leve del marketing mix che possono condizionare la percezione, quindi le scelte, del consumatore.

E’ noto che difficilmente esiste un prodotto che, dal punto di vista organolettico, possa mettere d’accordo tutti. Così, è importante sapere come si segmenta il giudizio del consumatore, a quanti piace un prodotto e perché. Ma è altrettanto noto che, a volte, dove non arriva la piacevolezza del prodotto in sé può arrivare la forza di marca. Così, può succedere che un prodotto che piace poco se assaggiato in condizioni “blind”, diventi improvvisamente “più buono” se “vestito” con un pack invitante, con un marchio di fiducia, con un claim azzeccato.

Senza dimenticare la percezione del rapporto qualità/prezzo, specie in anni di crisi come quelli che stiamo attraversando.

OBIETTIVI

La ricerca OVERVIEW aveva più obiettivi:

  • Rilevare il gradimento espresso dal consumatore per un ampio ed esaustivo numero di mozzarelle in busta presenti a scaffale
  • Evidenziare, se presente, la segmentazione delle preferenze sensoriali dei consumatori di questo prodotto
  • Individuare, per ciascun orientamento sensoriale, gli attributi “chiave”, ovvero quelli su cui agire per migliorare la soddisfazione del consumatore
  • Definire una mappa sensoriale complessiva della mozzarella in busta oggi, 2014.
  • Misurare l’effetto che la marca, il prezzo, il pack provocano sul giudizio di gradimento

E’ stata considerata una quindicina di prodotti/marche presenti sul mercato.

IL METODO

La ricerca era basata, in primo luogo, sul coinvolgimento multi – step del consumatore, e prevedeva tre diverse fasi di indagine: rilevazione delle aspettative (senza assaggio) alla visione della confezione (e del prezzo); assaggio dei prodotti in condizioni “blind” (quanto piacciono al netto di tutte le altre leve del “marketing mix”), assaggio in condizioni “informate” ( così come accade nella realtà).

Parallelamente, i prodotti sono stati sottoposti ad analisi sensoriale, con giudici addestrati, per definirne i relativi profili oggettivi.

I RISULTATI

La ricerca ha dimostrato che il consumatore, oggi, può davvero scegliere fra mozzarelle dalle proprietà sensoriali oggettivamente molto diverse: alcune molto tenere altre più sode (qualcuna proprio dura!); oppure molto succose e con latticello ben visibile. Qualcuna saporita, altre piuttosto delicate.

Il consumatore ha mostrato di saper percepire molte di queste differenze, ritenendone alcune rilevanti ed altre invece meno determinanti.

La conseguenza è una differenza di gradimento overall piuttosto ampia fra i prodotti più apprezzati e quelli più criticati.

E poiché i criteri di giudizio sono differenti, ogni segmento di consumatori ha indicato un proprio prodotto preferito, mostrando quindi l’esistenza di orientamenti sensoriali ben differenziati. In altre parole, non è emerso un prodotto con caratteristiche tali da raccogliere inequivocabilmente il consenso di tutti.

Ciò su cui i consumatori si sono mostrati largamente concordi, invece, è cosa non piace, segnalando chiaramente le caratteristiche non apprezzate in una mozzarella.

Una cosa è emersa, poi, con forza: se gli aromi e i gusti, prevedibilmente, sono importanti e capaci di “guidare” la soddisfazione sensoriale, un ruolo altrettanto decisivo nel giudicare una mozzarella viene riconosciuto alla sua struttura. Vi sono in commercio mozzarelle la cui “texture”, secondo i casi, esalta o abbatte in modo decisivo e importante il giudizio complessivo del consumatore.

La ricerca ha fotografato una competizione in cui, accanto a qualche marchio noto (non tutti, per la verità), possono farsi valere anche alcuni marchi d’insegna, non solo in forza di un prezzo conveniente. Per contro, però, per alcune private label emerge dall’indagine la difficoltà di riuscire ad offrire un prodotto dalle caratteristiche simili/omogenee quando si avvalgono contemporaneamente di differenti produttori/fornitori, perdendo così in caratterizzazione e riconoscibilità.

La ricerca ha confermato il valore di alcuni noti marchi, sebbene non sempre ciò sia risultato sufficiente a sollevare le sorti di un prodotto di per sé poco gradito.

Certo, la fiducia di marca concorre ancora oggi a sostenere (a far accettare), a volte, un prezzo un po’ più alto, sebbene dalla ricerca sia emersa con particolare rilievo proprio la criticità del fattore prezzo. Una criticità che l’edizione 2008 di questa stessa ricerca non aveva invece evidenziato.

Ancora un segno, probabilmente, della difficile congiuntura e delle dinamiche di mercato a cui è stato abituato il consumatore in questi ultimi anni.