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Mangia questo, senti com’è buono!
Quante volte ci capita di sentire questa frase: da una nonna che regala un dolcetto al proprio nipotino, dalla mamma che cerca di convincere il figlio a mangiare la frutta, da un amico che offre un bicchiere di vino speciale….

In effetti, fermo restando che mangiare e bere servono in primo luogo a nutrire il nostro organismo, la componente edonistica dell’alimentazione ha un ruolo altrettanto importante: provare piacere e avvertire emozioni concorrono in modo determinante alla qualità della nostra vita.

Ma, a quanto pare, questo non vale solo per noi “umani”. Oggi è più chiaro che riguarda anche i nostri amici a quattro zampe. Basta passare davanti alla corsia sempre più lunga del petfood nei supermercati o vedere uno degli spot televisivi di quelle che vengono presentate come vere e proprie “leccornie” per i cani e i gatti di casa. Spot che promettono piacere per i nostri animali e, di riflesso, per noi che li accudiamo.

Il mercato del cibo per animali, in questi anni, non è cresciuto solo quantitativamente; si è anche arricchito di proposte e ricette sempre più ambiziose. Confezioni raffinate e accattivanti, pensate per catturare l’attenzione del proprietario; ricette e varianti di gusto sempre più golose e appaganti per conquistare il palato degli animali.

Ovviamente, dietro a tutto ciò, c’è il forte investimento da parte dei produttori (e, sempre più, anche delle Private Label) nella ricerca scientifica e nutrizionale, nello sviluppo del packaging, in studi e azioni di marketing.

E così si spiega anche il sempre più frequente ricorso, da parte di produttori e distributori, al supporto informativo che può derivare da ricerche sul “consumatore”, da intendersi in questo caso nella sua duplice veste: quella di chi acquista (il proprietario) e quella altrettanto importante di chi consuma (il cane o il gatto).

La valutazione della performance sensoriale del prodotto è molto importante; il prodotto deve in primo luogo essere accettato, meglio ancora se anche gradito (quindi desiderato) dall’animale. Ma non meno importante è rilevare la percezione che ne ha anche il proprietario.

Per questo, l’approccio di ricerca a cui sempre più frequentemente si ricorre prevede il coinvolgimento di un campione di proprietari di animali, i quali a casa propria ricevono e somministrano al proprio cane o gatto, in condizioni controllate, il cibo oggetto d’indagine. Oltre alle confezioni di petfood, vengono fornite una bilancia e una ciotola (adatta alla bilancia). Il proprietario si impegna a somministrare il prodotto al proprio animale, mantenendo i ritmi (numero di pasti giornalieri) e gli orari consueti, così da alterarne il meno possibile le abitudini, rilevando ad ogni somministrazione la quantità di cibo consumata in un tempo predefinito e controllato. La quantità media di cibo mangiato costituisce la misura oggettiva dell’appetibilità di un petfood, determinata in condizioni reali e familiari all’animale. Questo metodo, oltre a differenziarsi da quello utilizzato prevalentemente in passato che prevedeva il ricorso a prove “laboratoriali” condotte su set di animali in cattività, presenta un altro indubbio vantaggio: oltre a rilevare attraverso un parametro oggettivo la piacevolezza di un prodotto in contesto domestico reale, su un campione adeguatamente numeroso di animali, consente di investigare anche l’opinione del proprietario, ovvero di chi compie effettivamente la scelta dell’acquisto. Infatti, nel corso di queste indagini, si rilevano di solito anche: la percezione del proprietario circa la piacevolezza del prodotto, ricavata dall’osservazione del comportamento dell’animale, la gradevolezza/accettabilità del profumo del prodotto diffusa nell’ambiente di somministrazione, la praticità/funzionalità della confezione, ecc. Senza dimenticare che l’opinione del proprietario risulterà probabilmente influenzata dalla notorietà del brand, dalla comunicazione, dal costo di acquisto, ecc…. Tutti quegli elementi, cioè, che potrebbero in una certa misura portare il proprietario a maturare un’opinione diversa da quella dell’animale. In altre parole, non sempre il proprietario finisce per acquistare il prodotto effettivamente più appetibile per l’animale. Di qui, l’utilità di un approccio di ricerca non laboratoriale, che permetta di rilevare i giudizi e i comportamenti di entrambi gli attori del binomio indissolubile proprietario/animale.