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Per valutare la prestazione sensoriale di un prodotto alimentare percepita dai consumatori, al netto dell’effetto delle informazioni che lo accompagnano (brand, claim, tipo di pack, ingredienti, prezzo, ecc…), l’approccio di indagine più classico è quello che prevede l’assaggio presentando il prodotto stesso in condizioni “blind”. Come gli addetti ai lavori ben sanno, però, questa condizione di prova è spesso impegnativa da realizzare. In molti casi i consumatori si devono accollare l’onere di muoversi da casa per recarsi, su appuntamento, presso appositi centri di prova.  Tali centri devono disporre di spazi adeguati e tali da consentire di preparare il prodotto per l’assaggio lontano dagli occhi “curiosi” di chi dovrà valutarlo, per non rivelare la marca e le altre informazioni che ne potrebbero condizionare il giudizio. Oppure, nel caso degli Home Use Test, si deve procedere preventivamente ad una accurata e costosa azione di “blindizzazione” del pack, così da rendere irriconoscibile la confezione prima di spedirla a casa degli intervistati.

Tutto questo sforzo lo si compie perché si assume, non senza ragioni, che l’autorevolezza di un brand o la rassicurazione di un claim o, ancora, l’estetica stessa del pack, possano in qualche modo modificare o “guidare” la percezione delle proprietà sensoriali del prodotto in quanto tale, “offuscandone” gli eventuali difetti o limitando la libera espressione di eventuali critiche da parte di chi assaggia.

ADACTA, nei suoi quasi trent’anni di attività di ricerca, ha così organizzato e realizzato ormai migliaia di test che hanno previsto la valutazione di prodotti in condizioni “blind”. Così come molti sono stati gli studi condotti anche in condizioni “branded” per approfondire l’effetto che le informazioni riportate sul pack hanno sulla valutazione del prodotto stesso.

Ciò non significa, però, che il consumatore sia in grado di rilevare e valutare le effettive caratteristiche sensoriali di un prodotto solo nelle condizioni rigorosamente “blind” sopra ricordate.

Di seguito, si riporta un esempio concreto di come il consumatore, in certi casi, e se opportunamente coinvolto e sollecitato, sia capace di fornire fondate indicazioni circa le proprietà sensoriali di un prodotto anche se la prova d’assaggio avviene in condizioni “branded”.

Nel corso di una recente ricerca, infatti, abbiamo preso in esame un formaggio fresco molle (crescenza) a marchio di un’importante Private Label – PL(x), consegnandolo direttamente nelle case di un campione di consumatori user della categoria in esame. Abbiamo chiesto a ciascuno di loro di fornircene una valutazione sensoriale nel momento in cui sarebbero andati a consumarlo. Con una avvertenza: prima di eseguire l’assaggio, ogni intervistato doveva anche esprimere il proprio giudizio di gradimento “atteso”, rispondendo alla domanda: “quanto pensi che sia buona questa crescenza a marchio PL(x)che hai acquistato?”.

Per parte nostra, sapendo che la crescenza in questione, con lo stesso marchio e lo stesso pack, viene realizzata da due diversi Produttori (A e B), abbiamo provveduto a tenere separati i giudizi dei consumatori, via via che ci sono stati forniti, registrando quale stabilimento di produzione fosse indicato sull’incarto di ogni confezione, suddividendo così i consumatori in due “sub-campioni”, ciascuno riferito ad un Produttore.

Dai risultati si è potuto osservare che a fronte di un gradimento medio “atteso” sostanzialmente equivalente nei due sub-campioni (7,3 e 7,2, rispettivamente, in scala 1-9), dopo la prova d’assaggio, il gradimento “reale” medio espresso dai due sub-campioni è risultato essere significativamente divergente: 7,2 per il sub-campione di consumatori che aveva valutato il prodotto fornito dal produttore A; 6,7 per il sub-campione che aveva valutato il prodotto fornito dal Produttore B. Chiamati poi a “descrivere” le proprietà sensoriali del prodotto assaggiato (metodo CATA), i consumatori dei due sub-campioni hanno espresso profili di prodotto notevolmente diversi. Differenze piuttosto nette concentrate soprattutto nella sfera della texture: una più soda, compatta e asciutta, l’altra decisamente morbida, spalmabile, quasi incapace di mantenere la forma. Non trascurabili nemmeno le differenze emerse in termini di sapore, uno più intenso e connotato, l’altro più delicato e non ben caratterizzato.

Parallelamente, uno dei nostri Panel di giudici sensoriali addestrati ha sottoposto ad Analisi Descrittiva (QDA) lo stesso prodotto a marchio PL(x), prelevato sul mercato in più lotti di entrambi i produttori, ovviamente analizzandoli separatamente, nelle consuete condizioni “blind” proprie della QDA. Il risultato dell’analisi oggettiva condotta dai giudici, seppur prevedibilmente più dettagliato, è andato a confermare largamente quanto emerso dalle “descrizioni” che i consumatori avevano fatto dei due prodotti (ciascun sub-campione, il proprio).

I consumatori, quindi, nonostante avessero avuto il medesimo condizionamento del brand e delle altre informazioni trasmesse dalla confezione (i prodotti erano confezionati nello stesso pack), sono stati in grado di esprimere una valutazione dei prodotti sufficientemente “distaccata”, tale da mettere in risalto le differenze effettivamente presenti fra le crescenze dei due Produttori A e B.

I risultati di questo test sembrerebbero pertanto accreditare la possibilità di ottenere informazioni utili a descrivere le differenze sensoriali effettivamente percepibili anche nel corso di test condotti in condizioni “branded”; questo purché l’indagine sia condotta secondo una procedura appositamente predisposta e in larga misura diversa da quella che si adotta normalmente in un classico product test “blind, pur rimanendo quest’ultimo, tra i diversi approcci metodologici, quello più indicato per lo studio della prestazione del prodotto in quanto tale.