Pensi che a qualcun altro potrebbe interessare questo articolo? Aiutaci a condividerlo:

L’uomo interagisce con il mondo che lo circonda attraverso la mediazione degli organi di senso che consentono di tradurre gli stimoli esterni in sensazioni. Non a caso, nella sua evoluzione, l’uomo ha costantemente cercato di affinarne l’utilizzo per migliorare la propria capacità di approcciare il mondo esterno.

L’IMPIEGO DEI SENSI COME STRUMENTO DI GIUDIZIO DELLA QUALITA’

Lo sviluppo degli scambi commerciali, in quest’ottica, ha rappresentato senz’altro un incredibile volano per il perfezionamento e l’ascolto dei propri sensi. L’aspetto, il sapore, l’odore e la consistenza delle merci erano da un lato, per chi comprava, uno strumento per valutarne appieno le qualità, dall’altro un modo più che giustificato di stabilire il prezzo di vendita.

La percezione e l’interpretazione delle sensazioni da parte degli individui risultano, pertanto, alla base dei meccanismi di scelta e, più in generale, dei comportamenti.

Già agli inizi del XX secolo si assiste alla nascita di vere e proprie figure specializzate, inquadrate come effettivi mestieri: gli assaggiatori professionisti. Questi ultimi, giocano un ruolo importante nel supporto alla crescita delle prime industrie agroalimentari e non solo.

Le industrie alimentari, all’inizio del secolo scorso, infatti, utilizzano in modo sempre più specifico e raffinato l’analisi sensoriale per la produzione e la commercializzazione dei prodotti. Gli assaggiatori diventano in quegli anni, a tutti gli effetti, arbitri della qualità, al cui acume sensoriale veniva affidata la messa a punto di un prodotto.

PRIME EVOLUZIONI VERSO UN APPROCCIO STRUTTURATO E STANDARDIZZATO

Negli anni ‘40, a cavallo della Seconda guerra mondiale, si osserva un impulso decisivo allo sviluppo del concetto di analisi sensoriale o sensometria degli alimenti. Nello specifico, un gruppo di ricercatori statunitensi responsabili della ristorazione dell’esercito americano (Quartermaster Food and Container Institute for the Armed Forces (U.S.)), inizia a studiare la ragione per la quale le razioni militari, pur essendo bilanciate dal punto di vista nutrizionale, fossero ben accette da alcuni soldati e sgradite ad altri. Appurato che il sapore ne condizionava fortemente il livello di gradimento, decisero di studiare alcune caratteristiche organolettiche per determinarne la soglia di accettabilità. Furono gettate, in questo modo, le basi della definizione di regole per la misurazione dell’accettabilità; parallelamente un esercito ben nutrito e soddisfatto migliorava la propria performance.

Durante la Seconda guerra mondiale, le scorte di cibo sono limitate. Tuttavia, a partire dal 1949, in seguito alla cessazione di ogni forma di razionamento alimentare, l’attenzione si focalizza sulla qualità del cibo piuttosto che sulla quantità. Con l’aumentare della disponibilità, gli individui diventano naturalmente più esigenti.

Sono gli anni in cui la comprensione dell’importanza dei formulati, ossia degli ingredienti, delle loro dosi e del modo di impiegarli nel determinare le caratteristiche sensoriali dei cibi acquista un ruolo di primo piano.

L’ANALISI SENSORIALE DIVENTA UN METODO ANALITICO

Mentre nasce la prima letteratura in materia di analisi sensoriale, l’Università californiana di Davis e quella del Massachusetts in Oregon, danno vita ai primi corsi sul tema.

Il naturale sviluppo di questo contesto in fervida evoluzione è la costituzione di gruppi di lavoro, come quello che il British Standard Institute fonda negli anni ‘60, per elaborare standard che siano di riferimento per la corretta applicazione dell’analisi sensoriale. Nascono le prime schede di valutazione, seguite poi dalle prime valutazioni numeriche.

La crescita esponenziale delle aziende e lo sviluppo di prodotti alimentari surgelati, parzialmente lavorati e nuovi, mettono di fatto in difficoltà gli esperti aziendali che non sono più in grado di far fronte alle nuove necessità. Lo stile di vita delle persone è cambiato, sono nati i supermercati ed una gamma sempre più ampia di alimenti è diventata disponibile per il consumatore.

Nei primi anni ‘70 si assiste al crollo dei consumi determinato anche dalla crisi petrolifera e l’industria alimentare si rende conto che le aspettative dei consumatori sono cambiate e che occorre soddisfare la crescente domanda di prodotti di qualità, più in linea con le moderne esigenze del gusto.

LE PRIME APPLICAZIONI NELL’INDUSTRIA PER IL CONTROLLO DELLA QUALITA’ DELLA PRODUZIONE

Come risultato delle aspettative dei consumatori e della crescente competizione tra le aziende per lo spazio sugli scaffali dei supermercati, l’analisi sensoriale diventa parte integrante della produzione alimentare. Anche gli standard per la creazione, la verifica e l’analisi dei risultati dei test sensoriali nell’industria alimentare conoscono una fase di rapido ed avanzato perfezionamento.

In breve tempo, cresce la consapevolezza che affidarsi alla valutazione di singoli individui sia rischioso e privo di rigore scientifico, data la parzialità del giudizio di un solo soggetto. Il singolo esperto, fino a quel momento idealmente depositario della conoscenza ed arbitro della qualità, viene sostituito da un sistema di valutazione collegiale. Nascono i primi gruppi di persone (Panel) selezionate per caratteristiche ed attitudini specifiche, opportunamente addestrate all’uso dei propri sensi ed ai metodi sensoriali, capaci di condurre valutazioni accurate ed oggettive perché inquadrate in una metodologia formale, strutturata e codificata. In altre parole, un approccio più controllabile, affidabile e statisticamente correlabile al giudizio del consumatore, che ha l’ambizione di operare come un vero e proprio “strumento di misura”.

L’ANALISI SENSORIALE E’ RICONOSCIUTA COME DISCIPLINA SCIENTIFICA

Nel 1975 una divisione specializzata dell’Institute of Food Technologists definisce la valutazione sensoriale come una disciplina scientifica impiegata per evocare, misurare, analizzare ed interpretare le sensazioni che possono essere percepite dagli organi di senso: vista, udito, olfatto, gusto e tatto. Definizione, questa, ancora oggi in uso (Anonymous, 1975).

A partire dagli anni ‘80, l’approccio sensoriale oltrepassa i confini originari dell’agroalimentare per estendersi ad applicazioni in altri settori produttivi, dalla cosmetica al tessile, fino ad arrivare al settore automobilistico.

Ed è proprio alla fine degli anni ‘80 che in Italia l’analisi sensoriale diventa materia di studio nelle università e si osservano i primi casi di aziende disposte, per il perfezionamento dei propri prodotti, ad investire nell’applicazione di metodi scientifici propri dell’analisi sensoriale. Si dovranno poi attendere i primi anni del 2000 per assistere, anche nel nostro paese, ad un vero e proprio “boom” di applicazioni e consensi. E’ in quegli anni che nasce Adacta International, uno tra i primi istituti a proporre metodologie coordinate di consumer&sensory science contribuendo alla diffusione di un approccio scientifico anche in questo campo.

L’analisi sensoriale oggi si inserisce infatti nel più ampio contesto delle scienze sensoriali che, in generale, studiano l’incontro/scontro tra le caratteristiche del prodotto e le preferenze del consumatore con un approccio multidisciplinare basato sul contributo di diversi tipi di conoscenze: quelle di tecnologi alimentari, statistici, sociologi, psicologi, chimici. Anche per questo motivo, le scienze sensoriali oggi si propongono all’interno delle aziende come un anello di collegamento tra le unità di ricerca e sviluppo e quelle di controllo qualità e marketing, offrendo un terreno di lavoro comune ed un linguaggio condiviso, indispensabile per interfacciarsi in un mercato talmente competitivo che ad oggi vede fallire circa il 75% dei lanci di nuovi prodotti nell’arco di un anno.