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Il suono del nome di un marchio è già da solo in grado di veicolare informazioni relative al prodotto

Per questo la scelta di un brand name costituisce un processo lungo e molto complesso nel quale, oltre alla creatività, entrano in gioco aspetti economici, legali, linguistici.

A differenza di quello animale, il linguaggio umano è fatto di parole e frasi il cui suono non sembra rimandare ad un significato o ad un messaggio universale, basti pensare al termine “cane”, che diventa “dog” in inglese, “hund” in tedesco.

Esistono però, anche nel linguaggio umano, delle parole dal suono che ne fa immediatamente percepire il significato, a prescindere dalla lingua cui appartengono. Questo fenomeno è conosciuto con la denominazione di fonosimbolismo, che indica la capacità dei suoni del linguaggio – foni e fonemi – di interagire mediante le loro qualità acustiche ed articolatorie con il significato dei termini che veicolano. Il fonosimbolismo viene dunque definito come “evocazione simbolica di significati attraverso suoni o sequenze di suoni”.

Marketing e pubblicità puntano molto sul fonosimbolismo per la scelta del nome di marchi e prodotti.

Di solito si evitano i nomi descrittivi, proprio perché il loro suono potrebbe non coincidere con le sensazioni che si vogliono veicolare. Vari studi dimostrano che in molte lingue le vocali anteriori (i, e) tendono ad essere usate in parole che indicano qualcosa di piccolo, sottile, leggero; mentre le vocali posteriori (a, o) sono più comuni in parole che descrivono qualcosa di grande. Certo, ci sono fortunate eccezioni, in cui il nome descrittivo incorpora esattamente il suono che serve: pensiamo alle scarpe da corsa Vibram Fivefingers, una calzatura con cinque dita prodotta da una nota azienda. Il nome Fivefingers, con quella allitterazione e rapidità di “f” è un buon nome per un prodotto innovativo, con la velocità di “f”, “v” ed “e” (vocale “veloce” secondo gli studi di fonosimbolismo). Guarda caso, si tratta degli stessi suoni che caratterizzano il brand name di una bevanda energizzante molto nota in Gran Bretagna, la 5 Alive (il suo slogan “Come Alive with Five Alive”).

E che dire di Schweppes? Schweppes è un normalissimo brand name che deriva dal nome del fondatore, esattamente come Barilla, Benetton o Ferrari. Il signor Johann Jacob Schweppe era un uomo vissuto tra il diciottesimo e il diciannovesimo secolo; l’azienda gioca apertamente con il “presunto” suono dell’anidride carbonica quando fuoriesce da un contenitore aperto o stappato. L’attacco in S, “ch”, la W, la S finale, ed il brand name Schweppes sopra a delle bollicine di anidride carbonica contribuiscono alla creazione dell’identità verbo-visiva della marca.

E sempre in tema di suoni, X e Z hanno aspetti fonosimbolici che conferiscono una certa durezza al nome e lo fanno percepire come più efficace. Infatti queste due consonanti sono spesso utilizzate per la denominazione dei brand in campo farmaceutico.

Ancora, sembra che in inglese vi sia una certa preferenza per i nomi di gelato con vocali posteriori, perché queste suggeriscono un prodotto più cremoso, denso e corposo. In uno studio tra due ipotetiche marche di gelato con le stesse caratteristiche, il nome Frosh veniva preferito a Frish, e un’analisi di nomi o gusti di gelato in vendita in America conferma una predominanza di vocali posteriori. Per i cracker accade l’esatto contrario, con una maggiore frequenza di vocali anteriori che suggeriscono leggerezza (Ritz, Pringles)