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Lo avrete visto, lo avrete sentito ma lo avete mai odorato? Per quanto bizzarro possa sembrare, un fulmine ha un odore ben distinto. Ma a differenza del suo bagliore accecante e del suo boato assordante, l’odore di un fulmine è molto più “discreto”.

Di fatto, lo avrete probabilmente già sperimentato qualche volta.

Ogni volta che un fulmine si manifesta, esso riscalda l’aria fino a 28.000 °C! e la rapida espansione dell’aria produce un boato percepito come tuono. In quel punto, a livello molecolare, avvengono anche cambiamenti chimici che possono alterare l’atmosfera rilasciando dietro di sé un aroma.

L’aria è composta per il 78% da azoto e per circa il 20% da ossigeno presenti allo stato molecolare. Quando un fulmine riscalda l’aria, il forte calore generato rompe il legame tra i due atomi di azoto (N2) e di ossigeno (O2) ed è in quel momento che singoli atomi di N e O incominciano a “saltellare” tutt’attorno nell’aria.

La maggior parte di questi atomi ritorna ad accoppiarsi, una volta che l’aria si raffredda, ricostituendo molecole di N2 e O2. Ma alcuni atomi si ricombinano sotto nuove forme attraverso la creazione di nuovi legami. Alcuni atomi di ossigeno (O) si combinano con molecole di ossigeno (O2) dando origine all’ozono, una nuova molecola costituita da 3 atomi di ossigeno (O3). E’ questo gas, difficilmente presente ad alte concentrazioni, il responsabile dell’odore percepito dopo la potente scarica elettrica di un fulmine.

Il nostro sistema olfattivo può percepire l’ozono a bassissime concentrazioni – di 10 parti per bilione – l’equivalente di 3 cucchiaini da tè di acqua in una piscina olimpica.

Vi sarà forse capitato di sentire questo odore anche facendo il bucato: quelle piccole scintille che si generano per attrito tra i vostri panni nella vostra lavatrice sono come piccoli fulmini in miniatura, in grado di produrre quella quantità di ozono sufficiente ad essere percepita.

La prossima volta che vi troverete in una tempesta, fate un profondo respiro: potrete annusare il “profumo dei fulmini”.

 

Tratto da: The Washington Post by Matthew Cappucci July 18