Quando “mangiare con gli occhi” non è solo un modo di dire …….
Inoltre, preparare il cibo, significa simbolicamente sottomettere la natura (gli ingredienti, i materiali grezzi o gli animali che cacciamo) e trasformarla in cultura (il piatto finito); si tratta di un processo alchemico, magico, che serve ad allontanare la potenziale pericolosità del cibo: un corpo estraneo che, attraverso la bocca, si introduce nel nostro corpo.
L’atto di mangiare ha da sempre, in tutte le culture, un valore simbolico e sociale, oltre che, vitale e in tutte le religioni, esiste uno stretto rapporto tra il cibo e il divino e, per questi stessi motivi, fin dall’antichità il cibo ha rappresentato per gli artisti una preziosa fonte d’ispirazione.
Partendo dalle scene di caccia dei graffiti preistorici, passando dai mosaici pompeiani e bizantini, fino alle opere più famose del Rinascimento come L’ultima cena, il cibo ha sempre occupato un posto di rilievo, destinato a comunicare all’osservatore la natura del quadro (religiosa, profana ecc).
Grotte di Lascaux, pitture rupestri con animali
Gli antichi chiamavano le rappresentazioni di cibo xenia, cioè doni ospitali: essi erano dipinti direttamente sulle pareti della casa e rappresentavano i doni di benvenuto per gli ospiti (un po’ come si usa negli alberghi moderni in cui agli ospiti si serve un cestino di frutta). Ne troviamo una eco negli affreschi ritrovati nelle ville di Pompei dove sono raffigurati infatti fichi, noci, pere, ciliegie, uva, miele, formaggi, cacciagione, pane e vino.
Oplontis (Torre Annunziata), cd, Villa di Poppea, affresco con vaso di mele
Con l’affermarsi della simbologia cristiana il cibo passa lentamente da essere una rappresentazione del reale e un indice del benessere e della posizione sociale di colui che ha ordinato l’opera, per assumere una vera e propria valenza simbolica.
Les Très rich heurs del Duca di Berry, miniatura con scena di banchetto, 1413-1416
Intanto si cominciano a diffondere i quadri di genere e gli oggetti diventano sempre più importanti e protagonisti della scena al pari delle persone e con il XVII secolo la Natura Morta è pronta ad affermarsi nella pittura al pari degli altri generi; in questi anni gli alimenti raffigurati non saranno concepiti come comparse ma diventeranno i veri protagonisti dell’arte. Frutta e verdura vengono rappresentati nei loro minimi particolari, nella loro naturalezza, nella loro imperfezione, stando ad indicare la bellezza corrosa dal tempo, la precarietà della vita terrena e il ciclo della natura.
Principali fautori sono i pittori fiamminghi olandesi e in Italia è Caravaggio che sfida la pittura del suo tempo dipingendo la celebre Canestra di frutta, prima opera conosciuta nella quale il cibo non è accessorio, ma protagonista assoluto della tela: i frutti fragranti e succosi, diventano i protagonisti della rappresentazione, definitivamente separati da secondi significati religiosi o filosofici, e collocati sullo stesso piano della figura umana.
Michelangelo Merisi da Caravaggio, canestra di frutta, 1599
Giuseppe Arcimboldo, Testa reversibile con cesto di frutta, 1590
Arriviamo così al Novecento con le sue contraddizioni e la potente spinta avanguardistica. La Natura Morta continua ad essere uno dei soggetti preferiti dagli artisti, elemento ispiratore di realtà oniriche (De Chirico) o talvolta di notevole verismo (Guttuso), ma in ogni caso testimone dei cambiamenti che si susseguono nel mondo dell’arte.
Andy Warhol, Barattolo di zuppa Campbell, 1968
Fonti:
prof.ssa Datola Anna Maria
Magazine Accadica
Https://www.theartpostblog.com/opere-luciano-ventrone/
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