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Un articolo che racconta come l’attenzione per il cibo abbia origini antiche. Qualcosa in comune con il mondo di Adacta, quello delle ricerche; una storia che Adacta racconta dal 1992 attraverso i numerosi product test realizzati affiancando metodologie innovative a quelle più classiche e coniugando il meglio della consumer&sensory science.

Con le sue forme, i suoi colori e i suoi profumi il cibo è stato sempre una grande fonte di ispirazione per molti poeti e letterati. Di qualsiasi epoca.

Se percorriamo la storia della letteratura, a partire dalle Sacre Scritture, passando dalla Divina Commedia e arrivando ai nostri giorni, ci accorgiamo che il cibo, con il suo forte valore evocativo, è sempre stato un mezzo per parlare di emozioni, di situazioni, suggestioni e stati d’animo.

Ecco alcuni esempi…

  • Frutta nelle Sacre Scritture

Si legge nell’Antico Testamento cristiano: “Sostenetemi con focacce d’uva passa, rinfrancatemi con le mele, perché io sono malata d’amore”.

 Il cibo protagonista in queste parole è fatto di dolcezze naturali che possano corroborare l’amante ‘malata d’amore’: i cibi zuccherini sono sostegno per l’anima e per il corpo, affaticati e prostrati dal mal d’amore.

  • Le dame golose di Gozzano

Si deve a Guido Gozzano una vera e propria opera d’arte dedicata ai dolci ottocenteschi, tentazione difficilissima da domare per tante dame dell’epoca, costrette a falsi perbenismi in pubblico che il Poeta osserva, con occhio arguto, seduto ad un caffè.

 “Io sono innamorato di tutte le signore che mangiano le paste nelle confetterie. Signore e signorine – le dita senza guanto – scelgon la pasta. Quanto ritornano bambine”

  • Le Odi elementari di Neruda

Ecco i versi coi quali la penna sudamericana riesce a rendere poetici e raffinati dei pranzi anche rustici, semplici e mediterranei.

 “Il pomodoro che invade le cucine, entra per i pranzi, si siede, riposato, nelle credenze, tra i bicchieri, e le saliere azzurre. Emana una luce propria maestà benigna”.

  • “Sonetto al vino” di Jorge Luis Borges: la bevanda che inventa l’allegria

Il vino e il suo originario rapporto con la terra hanno ispirato i versi di moltissimi autori: la natura, l’elemento liquido, il colore, l’effetto inebriante che libera le emozioni che la razionalità trattiene. Jorge Luis Borges ha dedicato proprio al vino un sonetto, celebrando gli “autunni dorati” in riferimento alle colline piene di foglie gialle teatro delle vendemmie.

In quale regno o secolo e sotto quale tacita congiunzione di astri, in che giorno segreto non segnato dal marmo, nacque la fortunata e singolare idea di inventare l’allegria? Con autunni dorati fu inventata”

Ma il cibo è stato anche al centro di ragionamenti ben più complessi di un semplice ingrediente quotidiano.

Così, nel 1912, scrive Grazia Deledda in “Chiaroscuro” accostando ineluttabilmente il cibo a un significato di rivalsa e di coesione sociale:

Per la festa di Sant’Anastasio le famiglie anche le meno abbienti del villaggio, anche quelle che eran cariche di debiti […], apparecchiavano la tavola, vi mettevan su mucchi di focacce, taglieri colmi di carne arrostita allo spiedo, formaggio, giuncata, vino e miele e aprivan la porta a chi voleva entrare a banchettare. Gli ospiti venuti dai paesi vicini, i poveri e i monelli del villaggio accorrevan come mosche: […]. Intere giovenche e colonne di focacce venivano distribuite a porzioni eguali […] agli ospiti e ai poveri che così portavano a casa, ai vecchi invalidi, agli infermi, alle donne vergognose, la cena e anche il pranzo per l’indomani”

Diversa è invece l’interpretazione nel Gattopardo, in cui l’opulenza caratterizza la classe nobile e la differenzia dalle altre classi sociali. Dalle parole di Giuseppe Tomasi di Lampedusa emerge che non solo il sapore dei cibi ha la sua importanza, ma anche il loro aspetto e la loro presentazione: il cibo diventa un’esperienza estetica non solo per il gusto.

 “L’aspetto di quei monumentali pasticci era ben degno di evocare fremiti di ammirazione […].”

E infine…

  • Rime per i più piccoli (Filastrocca Il Pane)

Anche Gianni Rodari, pedagogista e scrittore amato dai bambini di ogni epoca, non ha potuto far mancare il suo omaggio al cibo. Con Il pane ha raccontato in versi che:

“se io facessi il fornaio, vorrei cuocere il pane così grande da sfamare tutta, tutta la gente che non ha da mangiare. Un pane più grande del sole, dorato, profumato come le viole. Un pane così, verrebbero a mangiarlo dall’India e dal Chili i poveri, i bambini, i vecchietti e gli uccellini. Sarà una data da studiare a memoria: un giorno senza fame! Il più bel giorno di tutta la storia”.

È davvero infinito il mondo di significati che sono stati dati al cibo nella letteratura e noi abbiamo preso in prestito solo alcuni esempi più o meno noti tra le migliaia disponibili.

Per concludere ci piace citare le parole del professor Massimo Montanari, docente di Scienze dell’Alimentazione dell’Università di Bologna pronunciate nel corso di un dibattito televisivo di qualche anno fa:

 “Il cibo e la cucina sono delle grandi metafore dell’esistenza, quindi si prestano particolarmente bene a essere incluse in una narrazione dell’esistenza, a rappresentarla in qualche modo”

Buona riflessione a tutti …. e a tavola naturalmente!!!