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Il gusto rappresenta il senso preposto alla percezione dei sapori, vere e proprie molecole chimiche solubili che interagiscono con specifici recettori presenti nelle papille gustative della lingua e in altre aree della bocca, ovvero nel palato molle, nelle guance, nell’epiglottide, e nella faringe.

Attualmente sono riconosciuti 5 differenti sapori fondamentali: dolce, acido, salato, amaro e umami ma alcune ricerche suggeriscono l’esistenza di un sesto gusto associato al grasso che diventa rilevante non solo come regolatore della consistenza di un prodotto ma assume un ruolo importante accanto ai “sapori fondamentali”.

Le reazioni di apprezzamento o rifiuto dei 5 sapori sono innate e alcuni studi condotti su neonati di poche ore hanno evidenziato reazioni (rilevate attraverso la mimica facciale) di piacere quando essi venivano in contatto con una soluzione di saccarosio e, viceversa, espressioni di disgusto quando sulla loro lingua veniva posta una goccia di acqua e chinino. Studi più recenti assegnano una base genetica alla sensibilità ai sapori fondamentali amaro e dolce.

  • Amiamo fin dal primo attimo di vita il dolce, lo zucchero è fonte di energia e ha effetti gratificanti e tranquillizzanti;
  • Rifiutiamo fin dalla nascita il sapore amaro che ci difende dai cibi pericolosi (molte tossine velenose sono amare). L’avversione spesso si supera con l’età e da adulti si incominciano ad accettare prodotti dal gusto amaro, anche se non si può dire di amare il gusto amaro in sé e la sensibilità percettiva è regolata geneticamente;
  • Amiamo il sapore salato già dopo qualche mese di vita. Il sodio è essenziale per l’equilibrio cellulare e svolge un ruolo importante come esaltatore di sapidità nei cibi, rendendoli più appetibili;
  • Per l’acido la maggior parte della popolazione prova un rifiuto innato ed è il gusto che ci difende da cibi avariati oltre ad essere indicativo di maturazione non sufficiente dei frutti. Nella maggior parte dei casi è apprezzato solo se in equilibrio con il dolce, a qualsiasi età;
  • Verso l’umami («saporito» in giapponese) c’è un apprezzamento innato. E’ associato alla presenza di aminoacidi, tra cui il più rappresentativo è il glutammato di sodio e, diventato famoso agli inizi del secolo scorso dopo essere stato estratto per la prima volta dall’alga kombu dal chimico giapponese K. Ikeda, è presente naturalmente anche nei pomodori, nei prodotti ricchi di proteine come la carne e in molti formaggi stagionati, come risultato del processo di maturazione delle proteine. E’ un forte esaltatore dei sapori e aumenta l’appetibilità dei cibi.

I sapori fondamentali sono riconosciuti in maniera trasversale attraverso culture e abitudini alimentari tra loro anche completamente differenti: dal punto di vista edonico le risposte ottenute dopo l’esposizione al dolce, all’amaro o a sostanze acide è indipendente dalla cultura e persino dall’età.

A differenza degli odori, i sapori miscelati tra loro mantengono una propria identità, ben distinta, e la loro unione non genera nuove sensazioni gustative.

I sapori sono determinanti nello sviluppo dei prodotti perché influiscono direttamente sulla percezione del piacere e sulla soddisfazione del consumatore. Sfruttare le preferenze innate per sapori come dolce e umami, e anche per il salato, può massimizzare l’attrattiva e la gratificazione del prodotto, mentre un bilanciamento attento di sapori meno graditi come acido e amaro garantisce un’esperienza gustativa complessivamente più positiva.

E conoscere i meccanismi della percezione del gusto in combinazione con quella olfattiva, può aiutare a trovare il giusto equilibrio tra le diverse note gustativo/aromatiche regalando un’esperienza sensoriale dinamica e complessa in cui le varie sensazioni si alternano tra loro.

 

 

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